Secondo una nota pubblicata da Banca d’Italia, “l’intervento per cassa dello Stato nell’ambito della liquidazione di Veneto Banca e della Banca Popolare di Vicenza è pari a circa 4,8 miliardi di euro. Di questi, 3,5 miliardi servono a coprire il fabbisogno di capitale che l’acquisizione della “parte buona” delle due banche ha generato in capo a Intesa; altri 1,3 miliardi contribuiscono alla ristrutturazione aziendale che Intesa dovrà sostenere per rispettare gli obblighi assunti nell’ambito della disciplina europea sugli aiuti di Stato”.

“In aggiunta” – prosegue la nota – “lo Stato ha concesso a Intesa una garanzia sul credito che questa vanta nei confronti delle Banche in liquidazione per lo sbilancio di cessione (5,4 miliardi elevabile fino a 6,4 miliardi), oltre a garanzie a fronte di rischi di varia natura per un valore atteso (fair value) complessivo di 400 milioni (a fronte di un valore massimale garantito pari a circa 6 miliardi). Queste ultime cifre si riferiscono a garanzie e non a spese sostenute dallo Stato in relazione al salvataggio. Esse indicano quindi i valori massimi che lo Stato potrebbe essere chiamato a pagare in uno scenario estremo, difficilmente realizzabile perché:

  • il credito dello Stato per il recupero degli esborsi erogati per cassa o per l’escussione delle garanzie ha precedenza rispetto a quello degli altri creditori delle liquidazioni (fatta eccezione per i crediti prededucibili);
  • ipotizzando che il recupero sugli attivi della liquidazione sia in linea con il valore medio del tasso di recupero sulle sofferenze registrato dal sistema bancario italiano nel decennio 2006-2015, lo Stato recupererebbe il denaro investito”.